Pepita era il cane di un contadino dal pelo raso rossiccio e
occhi nocciola con una piccola macchia nera intorno all’occhio sinistro.

Era anche un segugio provetto.
La domenica, con il padrone, andava a caccia fiutando con il
suo olfatto sopraffino le orme di qualche lepre selvatica che scorrazzava
libera nel bosco vicino. E ogni volta ne trovava puntualmente la tana.
Quando invece scorgeva la preda brucare in qualche aspro
cespuglio, subito, puntava l’animale, per poi gettarsi in un veloce inseguimento
fino a stremarlo. Pepita, infatti, era
pronto e rapido di riflessi e una volta stanata e sfiancata la lepre, lasciava
che il contadino sopraggiungesse per catturarla.
Una notte, Pepita, mentre dormiva profondamente nella sua
cuccia, fu svegliato dai rumori molesti provenienti dal pollaio e così decise
di avvicinarsi.
‘’Aha”, abbaiò Pepita, ‘’ ah, ah, birbone ti ho preso’’ .
Quando il ladro lo sentì si spaventò e iniziò a ululare come
un forsennato :’’ Pulce, lasciami fare, torna alla tua cuccia’’
Ma Pepita schivava
gli attacchi e più il lupo digrignava i denti più Pepita incalzava con morsi e
minacce.
Il lupo capì che non c’era niente da fare, il cane non
cedeva. Cercò perfino di mettere all’angolo Pepita e prendere la via della fuga
ma Pepita aveva bloccato lo squarcio della rete da cui il lupo era venuto.
‘’Malandrino te la faccio vedere io. Rubagalline che non sei
altro, ti faccio diventare più nero di quanto tu sia’’ continuava ad abbaiare
Pepita.
Mentre le galline spaventate starnazzavano.
La baruffa ebbe fine quando il contadino, svegliato dal
guazzabuglio generale che stava avvenendo nel pollaio, intervenne.
E sapete come andò a finire, bambini? Il lupo divenne un
trofeo e Pepita ottenne un osso enorme
oltre che l’eterna gratitudine delle galline.
Nessun commento:
Posta un commento